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Libertà d’espressione sotto sorveglianza

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  • Categoria dell'articolo:Diritti Umani

Laggiù parole sufficienti a che la metafora sovrasti

 la realtà

L’Autorità Nazionale Palestinese, ANP, nasce nel 1993 a seguito degli accordi di Oslo stretti dall’ Organizzazione per la Liberazione per la Palestina (OLP) ed il governo Israeliano. Vissuti come l’inizio di un effettivo passo verso la pace, hanno invece sortito l’effetto opposto, portando avanti l’occupazione militare israeliana nei Territori Occupati. Le reazioni a questo accordo, provocarono un’ondata di malcontento generale nella popolazione civile, sia palestinese che israeliana,  che culminò nell’assassinio del presidente Rabin per mano di un ultra ortodosso di estrema destra. ANP è organizzata in un Consiglio dell’autonomia composto da 88 membri eletti a suffragio universale, un primo ministro designato dal Consiglio e un presidente eletto a suffragio diretto. Essa lavora come un istituzione statale, un embrione di quello che sarà il futuro Stato Palestinese. 

La giurisdizione dell’Autorità concerne il governo civile e l’attività di polizia (nelle aree sotto il suo controllo) ma Israele gode del diritto di intervenire nei territori amministrati dall’Autorità per ragioni di sicurezza.

Sul piano internazionale, nel novembre 2012, con 138 voti favorevoli (tra cui quello dell’Italia), l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha riconosciuto l’Autorità nazionale palestinese come Stato osservatore non membro dell’ONU. Questa decisione conferisce all’ANP legittimità internazionale e le permette di presentare richiesta di adesione in qualità di Stato membro e di fare ricorso alla Corte penale internazionale.

L’ANP è percepita da piu del 80% della popolazione come altamente corrotta, il mancato svolgimento delle elezioni dopo ben 15 anni, non è stato ben accolto. Di fatto il presidente Mahmud Abbas ha utilizzato come scusante il rifiuto di Israele per permettere lo svolgimento delle consultazioni anche a Gerusalemme Est come il motivo alla base di questa decisione. A questo si aggiunge la forte divisione politica interna che vede polarizzati Hamas e Al-Fatah. Nonostante, i due partiti facciano di tutto per non somigliarsi, hanno in comune la tendenza a limitare il diritto d’espressione degli attivisti e giornalisti. 

Solo nel 2020,  l’ONG MADA (Centro palestinese per lo sviluppo e le libertà degli organi d’informazione), ha constatato che durante l’anno entrambe ANP  e Hamas si erano resi responsabili di  190 attacchi alla libertà di stampa. Questi ultimi messi in atto attraverso arresti arbitrari, maltrattamenti durante gli interrogatori, confische di attrezzature, aggressioni fisiche, divieti imposti sulle attività giornalistiche e la messa al bando di 29 siti web critici nei confronti delle autorità della Cisgiordania.

Si può per tanto affermare che i cittadini Palestinesi nei territori occupati,  sono soggetti ad un doppio monitoraggio delle attività e delle manifestazioni di pensiero sia da parte Israeliana ma anche da parte dell’ANP in Cisgiordania e Hamas a Gaza.  

Questa tendenza da parte dell’autorità di monitorare i suoi cittadini è stata fortemente criticata da Amnesty international, la quale ha denunciato la detenzione arbitraria di diversi attivisti, in Cisgiordania, che hanno espresso pacificamente il loro dissenso. Un esempio di questo è stato l’arresto di Issa Amro attivista e difensore dei diritti umani arrestato diverse volte da parte d’Israele e dell’’ANP. Quest’ultima ha detenuto l’attivista a seguito di alcuni post su Facebook dove criticava l’operato dell’Autorità Nazionale Palestinese. 

La libertà di espressione e la possibilità di manifestare il proprio pensiero sono gli elementi cardine di uno Stato democratico che permetta il libero scambio di opinioni e di dissenso nei confronti del governo. 

La limitazione di questa libertà è presente anche in ambito accademico, sia nei confronti del personale universitario che nei confronti degli studenti. 

La diatriba interna al mondo politico palestinese, come già accennato, rende ancora più frammentato il discorso portato avanti dal popolo palestinese.

In quasi tutti i campus universitari dislocati in Cisgiordania, vi è una forte tendenza da parte degli studenti ad affiliarsi a partiti, gruppi studenteschi, sindacati con una matrice politica o religiosa ben definita. La mancata presenza di elezioni politiche nei  territori, ha trasformato le elezioni studentesche universitarie come quelle tenutesi all’Univerista di Birzeit in veri e propri indicatori del sentimento politico in Cisgiordania, con la tendenza da parte del ANP di ostacolare l’elezione di partiti studenteschi vicini ad Hamas. 

Durante gli ultimi decenni l’ANP, ha monitorato con attenzione la vita politica all’interno delle Università, con il risultato di vedere studenti e/o professori intimiditi e addirittura minacciati da altri studenti appartenenti a gruppi legati a Al Fatah, se contrari allo status quo. 

Human rights Watch e Scholars at Risk, hanno denunciato la pratica portata avanti dall’ANP in Cisgiordania, per detenzione arbitraria e tortura nei confronti di oppositori politici, inclusi gli studenti.

La libertà Accademica è di fatto la possibilità per ogni insegnate, studenti o ricercatori di esprimere la propria opinione, a prescindere che questa sia in linea o meno con la principale ideologia politica o religiosa del paese. 

L’utilizzo della detenzione come strumento di dissuasione e punizione nei confronti di coloro che esprimono dissenso nei confronti delle autorità è una chiara violazione di quello che è un diritto fondamentale. L’arresto di persone che manifestano in maniera  pacifica è da considerarsi una seria violazione del diritto umanitario internazionale. 

Come più volte ribadito da Scholars at Risk: i funzionari statali hanno la responsabilità di non interferire con la libertà di espressione e di associazione, purché tali diritti siano esercitati pacificamente e responsabilmente. L’esecuzione di arresti, detenzioni e abusi hanno come obiettivo quello di limitare l’espressione studentesca e l’associazionismo universitario.

Ogni individuo deve sentirsi libero di esprimere come meglio crede il proprio pensiero e non essere perseguito per questo. I palestinesi si trovano circondati ed osservati da una potenza occupante e dal proprio organo di rappresentanza. Questo va solo ad alimentare una situazione di frustrazione e di stanchezza da parte della  popolazione civile. 

Gli evidenti problemi dell’ANP, sia politici che economici, la portano ad avere una tendenza autoritaria e non democratica, risulta quindi necessario rimanere vigili e  prestare  costante attenzione a ciò che succede nei territori, per poter in un qualche modo monitorare e denunciare gli abusi del ANP e dello Stato Israeliano. 

Articolo pubblicato su Fernweh