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Cittadini ignorabili

Nell’ultima indagine demografica del 2020 sulla popolazione israeliana sono stati registrati 9 289 760 cittadini, di cui 1 957 270 arabo-Palestinesi con cittadinanza israeliana, compresi in questo numero anche i Palestinesi di Gerusalemme Est. 

I Palestinesi con cittadinanza israeliana rappresentano il  21,1% della popolazione, con una crescita costante negli ultimi anni. La maggior parte di loro, circa il 90%  risiede in 139 villaggi e città densamente popolati nelle aree periferiche come in Galilea, nella regione centrale del triangolo e nel Negev. Una minoranza, circa il 10%, vive nelle città cosiddette miste, come Acri, Haifa e Jaffa. 

Questa distribuzione è il risultato di politiche mirate di segregazione da parte del governo per separare i cittadini palestinesi in enclave, per garantire l’insediamento ebraico e il controllo della maggior parte possibile del territorio. Diventano, quindi, cittadini ignorabili.

Condizione socio-economica

Dal punto di vista socio-economico, secondo l’Ufficio Centrale di Statistica israeliana, quasi il 95% della popolazione palestinese in Israele si trova nella fascia più bassa, con il 45%  delle famiglie che vive sotto la soglia di povertà, come confermano i dati pre-pandemici.

La disparità socio-economica di questi “cittadini ignorabili” è evidente e contribuisce a una spaccatura sempre più profonda nella società, ostacolando la costruzione di un tessuto sociale coeso. 

L’aumento della violenza all’interno di questa comunità, che coincide con l’aumento demografico e dei tassi disoccupazione giovanile, era facilmente intuibile e prevedibile, anche secondo il demografo Alex Weinreb.

Violenza incontrollata e ignorata

Nel mese di giugno, nella città di Yafa an Naseriyye, nella regione della Galilea, si è verificato uno degli episodi più gravi di violenza armata all’interno della comunità palestinese israeliana. Ha preceduto questo episodio lo stesso giorno un altro scontro armato nell’area, nel quale una bambina di 3 anni è rimasta gravemente ferita.

La polizia israeliana è stata fortemente criticata per il suo atteggiamento negligente nell’affrontare o ignorare situazioni di violenza armata. Anche il segretario del partito arabo Ra’am e il segretario del partito di opposizione hanno sollevato critiche, accusando Ben-Gvir per l’aumento della violenza e la sua incompetenza come ministro della Sicurezza. Le forti critiche sono anche giunte dall’associazione Abrabraham initiatives all’interno del report di metà anno, sottolineando un aumento del 135% del numero di decessi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. 

Dall’inizio dell’anno si sono contate più di 100 vittime arabo-Palestinesi a causa della crescente violenza all’interno di vari gruppi criminali. Questo non è un fenomeno nuovo, poiché da diversi anni la comunità richiede un intervento da parte dello Stato, e la mancanza di azioni ha solo aumentato la sfiducia verso governo e forze della polizia.  

La polizia e lo Shin Bet, servizi di sicurezza interni, non sono affatto interessati alla criminalità locale, ma piuttosto concentrati a monitorare l’esistenza o meno dell’attivismo filo-palestinese all’interno delle comunità.

Un comitato interministeriale

Il governo di Netanyahu ha istituito un comitato interministeriale per affrontare la “questione araba” , ma purtroppo, oltre alla presenza di Itmar Ben Gvir e altri esponenti di partiti politici apertamente anti-arabi, vi è solo un funzionario a rappresentare la comunità. 

Questi “cittadini ignorabili” hanno da tempo sofferto di povertà, discriminazione, criminalità e negligenza da parte del governo nazionale, e la composizione di questo comitato ne rappresenta chiaramente il sentimento. 

Ciò alimenta ulteriormente la sfiducia nei confronti di uno Stato che già a seguito della legge del 2018 “Nation State Law”, considera cittadini di secondo livello e rende quotidianamente sempre più evidente questa posizione.