Al momento stai visualizzando Terra (e acqua) Santa: Iren-Mekorot

Terra (e acqua) Santa: Iren-Mekorot

di Silvia Pizzigoni

Scaduto a gennaio 2024 il protocollo d’intesa tra IREN e Mekorot per la gestione idrica integrata, il Comune di Reggio Emilia ha annunciato la mancata riconferma dell’accordo. La società israeliana Mekorot è stata oggetto di critiche da parte della comunità internazionale per violazioni dei diritti umani. L’accordo aveva generato proteste in Italia.

Le azioni di sostegno condotte da associazioni sul territorio italiano sembrano aver influenzato la decisione di non rinnovare l’accordo. Non saranno quindi realizzati i progetti di collaborazione e scambio di know-how tra le due aziende.

La notizia arriva in prossimità del 30 marzo, 48° anniversario del Yom al-Ard (Giorno della Terra), la prima protesta politica su vasta scala organizzata dai cittadini palestinesi di Israele dopo la sua fondazione.

وَمَا أَنزَلَ اللّهُ مِنَ السَّمَاء مِن مَّاء
[…] فَأَحْيَا بِهِ الأرْضَ بَعْدَ مَوْتِهَا 
لآيَاتٍ لِّقَوْمٍ يَعْقِلُونَ
“e nell’acqua che Dio fa scender dal cielo 
vivificandone la terra morta […] 
vi son Segni per gente dotata d’intelletto” [Corano Sura 2:164]

In data 10 gennaio 2023, IREN ha diffuso una nota che comunica la sottoscrizione di un protocollo d’intesa con Mekorot, la compagnia idrica nazionale di Israele. Lo scopo dell’accordo è lo sviluppo e la condivisione delle rispettive conoscenze e best practice nel settore idrico. L’accordo è stato firmato da Luca Dal Fabbro, presidente di IREN, e da Yitzhak Aharonovich, presidente di Mekorot.

Tuttavia, diverse organizzazioni per i diritti umani accusano Mekorot di gravi violazioni nei territori palestinesi occupati da Israele  (rapporto 2022 dell’organizzazione palestinese per i diritti umani Al Haq, la valutazione delle Nazioni Unite espresso nel rapporto di settembre 2021 dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani e l’intervento di Amnesty International del 2017 sono solo alcuni esempi di denuncia internazionale). Tra le accuse vi sono la gestione iniqua ed illegale della risorsa idrica, la violazione del diritto di accesso all’acqua da parte dei Palestinesi, la distruzione di infrastrutture idriche, l’espropriazione di fonti d’acqua palestinesi, le discriminazioni economiche nella definizione del prezzo dell’acqua e le limitazioni e il controllo dell’accesso autonomo all’acqua…

La posizione di IREN sull’accordo

Dall’altro lato, appare incomprensibile come IREN abbia sottoscritto un accordo con una compagnia con queste pesanti accuse sulle spalle, dal momento che sia la società stessa ad affermarsi virtuosa e a mettere in primo piano i diritti nella sua vision, come si legge al paragrafo 4.2 del Codice Etico della società, “IREN considera come punti irrinunciabili nella definizione dei propri valori la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani dell’ONU […] e non tollera violazioni dei diritti umani”, e ancora “Chiunque [..] lavori per IREN deve rispettare la dignità delle persone, […] ed evitare ogni discriminazione, diretta o indiretta, fondata su ragioni di carattere sindacale, politico religioso, razziale, di lingua o di sesso”.

La posizione altamente virtuosa di IREN si estende peraltro anche al panorama internazionale, che vede la società aderire al Global Compact delle Nazioni Unite dal 2020: il Global Compact è un’iniziativa volontaria basata sull’“impegno del CEO di implementare principi universali di sostenibilità e di intraprendere azioni che promuovono obiettivi della società” ed i primissimi dei 10 principi di riferimento sono i seguenti:

“1. la protezione dei diritti umani proclamati a livello internazionale”

“2. assicurarsi che non siano complici di violazioni dei diritti umani”

Le proteste contro l’accordo

A partire da febbraio 2023, nella regione del nord Italia si sono registrate numerose proteste contro l’accordo. Le proteste portano alla luce la criticità della scelta di collaborare con un’azienda con denunce così gravi alle spalle, soprattutto in virtù del fatto che IREN si autodefinisce virtuosa.

Le proteste, sollevate da associazioni e comitati di cittadini (qui un esempio), nel corso dell’anno non hanno ricevuto risposta da parte di IREN, che sembra preferire evitare qualsiasi commento riguardo al protocollo concordato. Allo stesso modo, non emergono progressi significativi nell’attuazione dei piani previsti dal protocollo.

È importante sottolineare che tale accordo rappresenterebbe solo l’avvio di una relazione, delineando gli obiettivi e le linee guida senza pianificare interventi concreti o attività future. Ci si attende pertanto un piano più dettagliato di definizione dei piani attuativi del protocollo.

Domande senza risposta

Il 17 febbraio 2024, dopo quasi un anno di silenzio e l’ufficializzazione dello stato di guerra da parte di Israele, il sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi pubblica un comunicato stampa in cui dichiara che il protocollo non sarà più applicato.

È evidente che, seppur mai apertamente dichiarato, la mancata ratifica e implementazione dell’accordo sia in parte dovuta alle campagne di boicottaggio contro le aziende che investono in fondi o aziende a sostegno di Israele e delle sue politiche repressive.

Tuttavia, rimangono ancora molti punti da chiarire circa la breve vita di questo protocollo. In particolare, gli stakeholders coinvolti chiedono:

  • La rivelazione dei dettagli del protocollo (trasparenza).
  • Dichiarazioni e accertamenti circa potenziali violazioni del codice etico aziendale.

Un momento storico

La revoca del protocollo tra IREN e Mekorot assume oggi un significato particolare se la si guarda in prospettiva ampia, in quanto si verifica proprio in prossimità dell’anniversario di un momento cruciale della storia del territorio.

Il 30 marzo di ogni anno si celebra il Giorno della Terra (يوم الأرض, Youm al-Ard), che commemora la prima protesta politica su vasta scala organizzata dai cittadini palestinesi di Israele dopo la fondazione dello Stato. Nel marzo del 1976, Israele annunciò un piano per confiscare circa 1.500 acri di terra (850 campi da calcio) dai villaggi palestinesi nella regione della Galilea, per scopi militari e nuovi insediamenti ebraici. In risposta, il 30 marzo dello stesso anno fu indetto uno sciopero generale e organizzate marce di protesta.

Gli scontri che ne seguirono causarono la morte di sei cittadini palestinesi disarmati per mano della polizia e dell’esercito israeliani, con centinaia di feriti e arresti. Anche un numero imprecisato di agenti di polizia e soldati israeliani rimasero feriti. Questa giornata è commemorata sia dai cittadini palestinesi di Israele che dai palestinesi dei Territori occupati in memoria di coloro che hanno perso la vita nella lotta per difendere le loro terre e la loro identità.

Questo ricordo storico sembra intrecciarsi oggi in modo simbolico con l’attuale lotta per la difesa dell’acqua come bene primario e fondamentale per la vita. L’acqua e la terra, due risorse vitali per l’umanità, si uniscono in un momento di cambiamento e di speranza, ricordandoci la potenza della protesta e il valore della solidarietà e della partecipazione attiva dei cittadini. Questo evento positivo ci invita a riflettere sull’importanza di difendere e tutelare le risorse naturali, e sulla necessità di vigilare e combattere contro ogni forma di sfruttamento e di violazione dei diritti umani.